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Cascata Pesech

“Quattro passi e… un incantesimo”

 

“Quattro passi e una panchina per scoprire piccoli gioielli nascosti del nostro territorio” è con tali ben definite parole che mi è stato proposto di collaborare a questo sito. Non vi nascondo che sono un’appassionata camminatrice e che i miei scarponi hanno calcato  sentieri, boschi, cime… Ma l’idea di riscoprire e segnalare luoghi del nostro territorio spesso alla portata di tutti eppure non sempre conosciuti e degnamente valorizzati ha riscosso la mia incondizionata adesione.

E’ in quest’ottica che propongo con piacere questa semplice e affascinante passeggiata nei dintorni del bel paesino di Brinzio, 806 abitanti, sito a poco più di 10 chilometri dal centro di Varese. Nonostante l'altimetria non elevata (m.510), pare a tutti gli effetti di essere in un villaggio di montagna...

Si tratta dell’itinerario che porta alla cascata del Pesech, nel cuore del Parco del Campo dei Fiori,  piccolo tesoro nascosto nel fitto torpore di un bosco secolare…

Provenendo da Varese, si lascia l’auto presso il parcheggio sito appena prima della chiesa di Brinzio. Si prosegue a piedi (o anche in  mountain bike, perché no) lungo la Provinciale con direzione Luino, Rancio Valcuvia. Dopo un chilometro esatto si scorge sul ciglio sinistro un modesto cartello che indica il sentiero per la cascata: di qui si scende per circa quindici minuti lungo un comodo sentiero che taglia dolcemente il bosco incombente. 

Si arriva quindi senza fatica al punto di orientamento, sito sulla costa destra del torrente Rancina, formato dall’unione del torrente Valmolina con l’emissario del lago di Brinzio, il rio Brivola.

 

 

Si mostra, improvvisa apparizione, la bella cascata del Pesech che un cartello del Parco classifica "monumento naturale" per il particolare ecosistema di questa area. Nella stagione primaverile quando il disgelo e le piogge abbondanti nutrono di nuova linfa i torrenti, ma pure in autunno con i suoi colori dorati,  la cascata rumoreggia solenne con le sue acquee quasi argentee e impetuose, in libera caduta per oltre 27 metri dopo una corsa tortuosa attraverso forre e valli.

Da qui mi è capitato spesso di scorgere in volo un bellissimo esemplare di airone cinerino che nidifica proprio in questi luoghi (non è raro vederlo anche aleggiare elegante e leggero sui bei prati di Brinzio o sul lago, alla ricerca di cibo): si nutre di piccoli pesci e di sanguisughe che scova tra i ciottoli del greto del torrente o di gamberi di fiume, ormai rari e protetti dalla legge regionale... L'area è frequentata pure dal ben più raro merlo acquaiolo che nidifica sulle pareti della cascata. Uccellino paffuto dal petto bianco e dalla coda corta si tuffa alla ricerca di insetti e larve, crostacei e lumachine che scova sul fondo. Grazie alle sue piume impermeabilizzate e al suo scheletro fatto di ossa piene e non cave che lo dota di una vera e propria zavorra, agilissimo si getta nei flutti, coprendo sott'acqua anche 20 metri, usando le ali a mo' di remi.

Se qualche ardimentoso si avventura fin sotto alla cascata, scendendo attraverso la fitta boscaglia fino alla riva del torrente, può scorgere su alcuni sassi che emergono dalle acque le chiazze biancastre dei suoi escrementi.

Dal punto di orientamento si prosegue oltre la cascata scendendo lungo il sentiero che si fa meno evidente e battuto; dopo pochi minuti ci si imbatte nei resti fatiscenti e ormai invasi dalla fitta vegetazione di una vecchia fabbrica. E’ lo Stabilimento Ranchet, edificato appena dopo la metà dell’Ottocento per la tessitura del cotone, splendido esempio di archeologia industriale. Questi ruderi, violati da una vegetazione che pare quasi aggressiva nel riappropriarsi di uno spazio rapito, suscitano un fascino tutto particolare in chiunque si avventuri fin qui…

I telai meccanici dello Stabilimento venivano azionati da lunghe cinghie collegate tramite dispositivi a una turbina, posta a 60 metri sotto il livello della presa d’acqua. Sfruttando dunque la forza dell’acqua della cascata, grazie anche a un sistema di sbarramenti e paratie posti in uscita dal lago di Brinzio (ancora parzialmente visibili) che permettevano di regolare il livello delle acque, la turbina girava attivando i telai. Dal punto di orientamento, nei pressi della cascata, scende parallela al sentiero  ancora ben visibile una parte del sistema di tubature che incanalavano l’acqua portandola verso la turbina. Successivamente, fu installato un generatore di energia elettrica e i macchinari presenti furono convertiti per funzionare a corrente.

Da documenti conservati presso l’Archivio del Comune di Brinzio, risulta che nel 1898 lo stabilimento Ranchet impiegava ben 140 operai, per la stragrande maggioranza giovani donne di età compresa tra i tredici e i ventisei anni, provenienti da Brinzio ma anche dai paesi dei dintorni.

Osservando i ruderi è possibile ancora riconoscere ampie sale, resti di attrezzature, depositi…Consiglio, non certamente d'estate quando la vegetazione è troppo rigogliosa, di compiere il giro completo della struttura che si rivela più imponente ed estesa di quanto appaia al primo impatto. Per anni generazioni di operai, donne e uomini perduti nel tempo, hanno prestato servizio presso l’opificio, con orari e ritmi di lavoro certo sostenuti. Nella suggestione del luogo, pare ancora di percepire in lontananza il frastuono ritmico dei vecchi telai…in realtà è il cadere continuo delle acque della cascata. E’ questa illusione che meglio riassume il fascino di questo luogo: la cascata e il vecchio stabilimento Ranchet, ormai una sola realtà, perduta per sempre nel cuore dei boschi brinzesi

 

Autore Sara Sinigaglia