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Egidio Trainito

Intervista a Egidio Trainito

 

Egidio Trainito ha fatto della Sardegna e del suo ambiente il luogo nel quale vive e lavora. Collabora con riviste di natura, trasmissioni televisive, ecc. Sono molti i libri che ha pubblicato, la natura e il mare gli argomenti piu raccontati nelle sue opere. Si occupa di progetti di educazione ambientale, collabora con diverse Aree Marine Protette. E' Environmental Supervisor di ESA European Scuba Agency. Le sue passioni, oltre all'attività subaquea, sono l'ornitologia e l'archeologia. Ex Novo Ambiente gli ha chiesto un autorevole parere rispetto a alcuni temi di particolare interesse.

 

Porto S. Paolo (OT).

 

Per chi come te ha scritto libri, catturato migliaia di immagini del mondo sommerso e ha esplorato i fondali di tutto il pianeta, quali sono gli stimoli che spingono a proseguire una attività gia tanto feconda di risultati e soddisfazioni ?

 

Innanzitutto non si smette mai di scoprire e di imparare, anche perché dell'ambiente marino in fondo si sa molto meno di tutti gli altri ambienti terrestri. Quello che mi interessa oggi è riuscire a trasmettere in modo facile le basi della conoscenza dell'ambiente marino utili a chiunque per appassionarsi . È un po' una rivincita rispetto a quanto ho dovuto faticare, quando ho cominciato, per trovare libri o altri riferimenti per dare un nome alle cose che vedevo e per interpretare fenomeni e ambienti.

 

Spesso molti di noi sono propensi a valutare le capacità di un amico sub in base alla massima profondità raggiunta durante le immersioni. Le uniche notizie che i media portano nelle case della gente, inerenti il mondo sommerso, sono legate a record di profondità (in apnea) a tre cifre. Durante un incontro con un folto gruppo di subacquei, tra i quali molti professionisti, ti ho sentito dire che le tue immersioni si snodano spesso in pochissimi metri d'acqua . E' un modo per distinguersi dalla maggior parte dei sub o un approccio particolare al mondo marino e alla sua esplorazione?

 

No, non ho nessuna velleità di distinguermi, anzi. Fatto sta che la maggior parte della biodiversità in mare si trova nei primi 40 m e che spesso basta girare una pietra in 3 m d'acqua per trovare una sintesi di tutta la vita marina. In più, facendo fotografie, è molto più produttivo lavorare in bassa profondità, sia per ragioni di luce, che per ragioni di tempo. Devo confessare che mi piacerebbe molto esplorare i fondali profondi, ma la complessità delle immersioni e, in fondo, il rischio connesso con le alte profondità, mi fanno propendere per le quote più basse. Non è per paura, ma semplicemente per una questione di produttività.

 

Il taglio delle tue pubblicazioni e dei tuoi lavori è spiccatamente naturalistico. Ma è così importante, per chi ama il modo sommerso, conoscere le forme di vita che incontrerà sul proprio cammino, sia dentro che fuori dall'acqua ?  Per forme di vita intendo anche l'uomo, le sue abitudini, la sua civiltà, la sua cultura, la capacità di vivere o meno in modo armonico con l'ambiente marino.

 

Ho smesso da moltissimi anni di pescare e l'ho sempre fatto per mangiare quello che prendevo, non per sport. Andare sott'acqua e per mare senza un approccio di tipo culturale è possibile, ma mi pare un po' vuoto, un po' fine a sé stesso. C'è stato uno che ha detto: fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza... Senza cultura qualunque cosa facciamo è monca.

 

Tu hai scritto un prezioso manuale adottato da ESA per il corsi ECODIVER, oltre a questo nella mia borsa trovano posto anche altre pubblicazioni di subacquei che raccontano ad altri subacquei le meraviglie del mare in modo sistematico. Spesso il gioco, dopo una immersione, è quello di dire "l'ho visto, non l'ho visto" un po' come si faceva da ragazzini con le figurine dei giocatori di calcio.
Quanto è importante il ruolo delle agenzie didattiche nella divulgazione delle conoscenze naturalistiche e di una "coscienza ambientalista" tra i propri brevettati e professionisti ?

Non ti sembra che in qualche caso questo aspetto sia messo in secondo ordine rispetto all'ottenimento di brevetti che aprono le porte alla profondità e non alla consapevolezza di essere ospiti in un ambiente meraviglioso ?

Quale è il ruolo di istruttori e professionisti nello stimolare una maggiore sensibilità alle tematiche ambientali e di tutela del territorio ?

 

Mi aggancio alla risposta di prima: compito delle agenzie didattiche è sicuramente quello di dare gli strumenti per apprendere le tecniche dell'immersione, ma sarebbe monco se non ci fosse anche un indirizzo culturale di tipo conservazionista basato sulla conoscenza dell'ambiente marino. E spesso questo indirizzo manca. Che si vendano di più i brevetti deep rispetto a quelli di biologia, mi sembra naturale per due ragioni: la prima è che in fondo andare sott'acqua è comunque una sfida con un ambiente che non è il nostro e la profondità rappresenta bene l'oggetto della sfida. In secondo luogo, è più facile per un istruttore insegnare ad andare profondi che insegnare a comprendere gli ambienti marini. Ma anche qui è un problema di cultura: come si passano ore e a volte giornate per capire come far funzionare un telefonino (cosa che fanno tutti), come ci si ingegna per capire miscele e tabelle, si può anche dedicare del tempo a studiare un po' di biologia marina, le cui basi sono sì complesse, ma non meno delle istruzioni di un telefonino. Purtroppo, ci sembra più utile un telefonino che conoscere la biologia degli organismi marini.

Il ruolo dei professionisti allora deve essere innanzitutto nel comprendere che si è completi solo quando si è in grado di orientarsi e di orientare gli altri nel complesso labirinto della classificazione degli organismi marini e nell'interpretazione degli ambienti sommersi. Avete mai conosciuto una guida alpina che oltre a saper scalare e conoscere i sentieri, non sappia distinguere i fiori dagli alberi e dai camosci o che non sappia dirvi il nome di un albero?

 

Le aree marine protette non cessano di suscitare polemiche e discussioni spesso accese, in molti casi pretestuose, in altri fondate. Chiedere un parere ad un naturalista rispetto all'opportunità di favorirne l'istituzione è come chiedere ad un tifoso un giudizio sulla squadra del cuore.

Vorrei raccogliere la tua testimonianza rispetto all'AMP di Tavolara Punta Codacavallo per capire in che modo questa modalità di tutela ambientale ha influito sull'ecosistema marino e terrestre.

Ti chiedo inoltre, sulla base della tua esperienza di professionista della subacquea e dell'attività turistica ad essa collegata, se ritieni opportuno e possibile che le AMP siano gestite a più mani: studiosi dell'ambiente, istituzioni locali (comuni, province, regioni) e operatori turistici ?

 

La gestione delle AMP è affare complesso con mille difficoltà che dipendono dagli impianti legislativi, dal Ministero, dalle persone che le gestiscono. La mia personale esperienza (ho collaborato e collaboro con 3 AMP) è fatta di luci e ombre, ma credo che la prima questione che andrebbe chiarita è questa: il ruolo delle AMP è quello di conservare limitate aree di mare e di costa per affermare come la conservazione non è contraria allo sviluppo, anzi è un valore aggiunto inestimabile. Significa che le AMP possono divenire motori di un processo culturale che metta al centro dei nostri obiettivi di benessere la buona qualità dell'ambiente. Mi sembra un discorso molto attuale, visto il movimento internazionale attorno al global climate change. In alcune AMP e Tavolara è una di queste si è su questo percorso e gli studi sull'effetto riserva stanno dimostrando che poche misure di protezione danno buoni risultati. La gestione poi la possono fare in tanti, si può coinvolgere chiunque, quello che conta è che sia chiaro il ruolo delle AMP, non le si trasformi in nuovi centri di potere politico e le si faccia diventare motori per la ricerca scientifica, per la divulgazione e l'educazione ambientale.

 

Ti sottopongo una domanda che ho già formulato ad altri illustri amici che operano nel settore subacqueo in quanto vorrei anche il tuo parere.

Ha senso mantenere attive riserve integrali dove nessuno può avvicinarsi, transitare o immergersi ?  Non potrebbe essere più interessante consentire in queste aree un accesso contingentato, immersioni guidate da esperti biologi e naturalisti e attivare controlli molto stretti per scoraggiare comportamenti scorretti ?

 

Le zone di riserva integrale sono fondamentali per la corretta gestione di un'AMP, non occorre siano molto estese, quello che conta è che siano ben rappresentative degli ambienti di tutta l'area. Servono per capire cosa accade nelle zone con diverso livello di uso e per eventualmente correggere le modalità d'uso. C'è già un orientamento che distingue tra zone dove sono vietati accesso e prelievo e zone dove è vietato solo il prelievo. Che l'attività subacquea sia potenzialmente un'attività ad impatto zero è un'idea che comincia a diffondersi: comunque credo che l'accesso alle immersioni in zone di riserva integrale debba essere legato a comportamenti concreti nella gestione delle immersioni nelle zone a minore protezione. Torniamo all'inizio dunque, se cresce una capacità culturale dei subacquei di approcciarsi all'ambiente marino sviluppando conoscenza e comportamenti corretti, allora sarà più facile avere accesso in modo controllato e contingentato anche alle aree di riserva integrale.

 

(aprile 2007)

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
       
 

Pino Farè fare.pino@alice.it